I NOSTRI AVI CONTRO L’ISLAM
Stamattina sono passato nei pressi di via Lepanto (a Roma) che ricorda, nella toponomastica romana, l’omonima battaglia.
Non ho potuto fare a meno di pensarci ricordando, tra me e me la battaglia di Poitiers e la battaglia di Vienna, tre battaglie vinte dall’Occidente, che si opponeva in armi alla pretesa di conquista dell’Islam delle terre e dei paesi cristiani, ma soprattutto tendeva a sradicarne i valori.
Mettiamo un po’ d’ordine: la prima volta che l’Islam e il Cristianesimo vennero a confronto fu nella battaglia di Poitiers, del 10 ottobre 732; poi venne la battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571 e, infine, la battaglia di Vienna 11 e 12 ottobre 1683.
I leggendari comandanti furono nell’ordine: Carlo Martello, francese, il doge di Venezia e, da ultimo, Giovanni III Sobieski, austriaco, che si scontrò con Kara Mustafà Pascià.
Cosa c’era di diverso da oggi…? Per le motivazioni quasi niente se si guarda il teatro di guerra dalla parte dei musulmani.
L’Islam è nato e cresciuto per sottomettere il mondo alla legge coranica, realizzando ora l’Impero ottomano, ora il Califfato dei mori.
Dalla legge islamica si deduce che ogni luogo dove ha pregato un musulmano diventa parte della grande famiglia e sono gli altri a doversi convertire o cedere il passo.
Ora non ci sono più valori di pari forza in occidente e poiché l’Islam usa pure il terrorismo, si ha paura e quello che si concede è semplicemente per quieto vivere.
Ma da quello che vediamo intorno, ogni concessione è vista dall’altra parte come un cedimento, una rinuncia, un passi per qualcosa che non ci appartiene.
Mi è capitato assai di recente di dialogare con un sostenitore delle ragioni dell’Islam in Medio Oriente, al quale c’è chi si piega senza reagire e chi è più cigno del cigno (con riferimento alla favola del brutto anatroccolo) e difende a spada tratta i musulmani a prescindere.
Come ho già avuto modo di dire, i valori occidentali non sono più un collante e quando a reggere la Chiesa c’è qualcuno che riceve gli Iraniani con tutti gli onori, apre le parrocchie agli stranieri, tollera che la festa di Natale scada a “festa dell’Enel”, c’è poco da sperare.
Non avremo mai più un Carlo Martello, specie ora che non c’è un Fabrizio de Andrè che ne canti le lodi.
Con la cancellazione di queste tre grandi battaglie di resistenza, con la mutilazione fisica delle bambine e della Divina commedia, non c’è speranza.
È evidente che la fede si sta sciogliendo come i ghiacciai (baluardi del clima), mentre la fede dovrebbe essere il baluardo alle ingiustizie, ai soprusi, ai sacrifici rituali.
Siamo in pieno ventunesimo secolo e tolleriamo che ci sia la strage dei capretti nel cosiddetto giorno del sacrificio, altro che Medio Evo, questa è roba del 2000 a. Ch.
Eppure, ci sembra di sentire una pacca sulle spalle, come una specie di viatico, per fare in modo di non turbare la coscienza dei musulmani, ma è mai possibile tutto ciò…?
Da qui vengono le tragedie alle quali assistiamo passivi: ci stanno imponendo di riconoscere uno stato fantasma, quasi fossimo dei piccoli Peter Pan, che cercano l’Isola che non c’è, senza rendersi conto, che ad Hamas non importa un bel niente dei Palestinesi e del loro fantasioso paese.
Si continua a ripetere il mantra dei due popoli, due stati, un fatto contro natura, contro la storia, a favore di un’impalcatura che non c’è.
Quante via Lepanto dovremmo fare… ???
Manca solo il coraggio…!
Marco Del Monte, ingegnere