Vai al contenuto

I PUGNALATORI NUOVA (VECCHIA) FRONTIERA

I PUGNALATORI NUOVA (VECCHIA) FRONTIERA

I fatti che ci hanno angosciato in quest’anno appena trascorso non accennano a placarsi, anzi si stanno avviando sulla triste strada degli attentati terroristici solitari. Ogni volta c’è almeno un islamista di mezzo.

È cambiato qualcosa, però, oggi “gli utensili” usati nelle strade sono un mezzo a motore lanciato sulla folla e il pugnale, arma usata pure sulla metro o in vicoli non accessibili alle auto.

Il coltello, però, si sta facendo strada anche nelle risse da bar o da night o negli stadi: è facile da nascondere, è maneggevole ed è micidiale in mano a chi lo sa usare.

Il titolo di questo articolo mi viene suggerito da un libro di Leonardo Sciascia letto tanti anni fa: “i pugnalatori”.

La vecchia frontiera è illustrata dal sunto dell’episodio da cui è scaturito il libro: < Il 1° ottobre 1862 un “fatto criminale di orrida novità” funesta Palermo: alla stessa ora, in luoghi quasi equidistanti, vengono pugnalate tredici persone>.

Sembra di leggere un quotidiano o di vedere un telegiornale di oggi.

Dai commenti che leggo e che sento, nessuno si pone il problema di come il pugnale sia ormai un mezzo comune almeno a nove episodi su dieci; anche dopo aver falciato delle persone con il mezzo a motore spesso l’attentatore scende armato di coltello e cerca di completare l’opera.

Facendo mente locale in effetti questa nuova frontiera è in voga dai tempi dell’Isis, il cui obiettivo era (ed è) ristabilire il califfato, cosa che ha in mente anche Hamas, a cui del popolo palestinese non interessa assolutamente niente.

Vediamo se, seguendo le tracce di quest’arma, ci riesce di ricostruire qualche scorcio storico che ci illumini un po’.

La religione islamica nasce nel 634 d. Ch. e, senza entrare nei particolari liturgici che non sono oggetto dell’articolo odierno, nelle linee essenziali è la semplificazione delle due religioni abramitiche che l’hanno preceduta.

La fede nell’Islam è totalizzante e i vari popoli che l’hanno abbracciata la legano alla propria terra (per chi ce l’ha), mentre il califfato conquistatore estrinseca la sua verve nomade e conquistatrice.

Per come è combinata la geografia attuale, c’è ormai solo un posto dove dovrebbero convivere due fedi sostanzialmente nomadi e in cerca di terra: gli Ebrei e gli Islamici residenti in quel crogiolo geografico che ogni conquistatore ha “battezzato” con un nome diverso.

Il nome “Palestina” per la storia è un fiume carsico che scompare e riaffiora nei momenti di instabilità: non c’è nessun momento nella sua plurimillenaria storia che questo nome sia stato assegnato alla stessa terra: i suoi confini sono a schema variabile come le dune del deserto.

Abbiamo ripercorso negli articoli precedenti questa incertezza che divora le menti dei bempensanti occidentali e nutre quelle degli utili idioti, o servi sciocchi che dir si voglia, che scandiscono ossessivamente “free “Palestine”, non sapendo nulla di storia e di geografia, in generale, ma soprattutto del posto.

Le sue guerre l’Islam le ha sempre combattute all’arma bianca prevalentemente, non usando neanche l’arco, quindi il pugnale è come un marchio di fabbrica.

Ma anche nelle cerimonie religiose più importanti, come la “festa del sacrificio” vengono sgozzati degli animali ovini con le stesse procedure usate sin dalla nascita della religione islamica.

Per come vengono condotti certi attentati al grido di “Allàh hu Akbàr”, mi viene da pensare che Maometto conoscesse qualche brano saliente del Profeta Ezechiele, in particolare quello che assimila il sacrificatore alla vittima sacrificale, inducendo, quindi, come una specie di transfert in cui l’infedele ucciso sostituisce il capretto votivo.

Quello che fa rabbrividire è che nel pogrom del 7 ottobre moltissimi civili israeliani siano stati sgozzati, proprio come fossero vittime sacrificali per celebrare una vittoria: questa è la realtà.

Mi sembra molto convincente (e allucinante nello stesso tempo) sicché, alla luce di queste considerazioni vedo molto dura la vittoria per un occidente ormai votato al suicidio collettivo.

Contemporaneamente all’avanzata “del pugnale”, le scuole cominciano a chiudere nel periodo  del Ramadàn, Natale viene edulcorato in “festa delle luci”, con il che il Cristiano non capisce più neanche in quale notte sia nato Gesù; i crocifissi scompaiono e le vittime aumentano.

Anche l’Ebraismo primordiale viveva di sacrifici, ma poi, questi furono sostituiti dalle preghiere e il brano di Ezechiele citato prima viene letto in quest’ottica: nell’Islam radicale il concetto pare proprio di là da venire, sicché ci avviamo alla conclusione (che riprende l’inizio): “i pugnalatori, nuova frontiera”.

Marco Del Monte, ingegnere