TESTIMONI SCOMODI
Come è tristemente noto a tutti, dal 7 ottobre (2023), invece di dimostrare a Israele un po’ di solidarietà per aver subito il più grave attacco “razziale” dai tempi della Shoà, si è scatenata, quasi all’improvviso, un’ondata di antisemitismo mondiale, che non ha eguali nel tempo e nello spazio.
La maggior parte di noi ne sta prendendo atto, ma senza chiedersi il perché. Mi sono più volte posto il problema, che non può che risalire alla “nascita” del primo ebreo.
Per le sacre scritture il primo ebreo è Abramo, che però viene considerato anche il primo musulmano e antenato del primo cristiano. Le tre religioni, infatti, vengono definite “abramitiche”.
Questo va tenuto in considerazione, perché i musulmani vantano la loro discendenza da Ismaele, considerato il vero primogenito di Abramo, mentre i cristiani sono venuti millenovecento anni dopo, dalla stirpe di Isciai, padre del Re Davide.
Da qui si evince che gli ismaeliti (attuali musulmani), considerano quella di Isacco una vera usurpazione del ruolo di primogenito, evidenziando il torto da lui subìto, con la cacciata di Ismaele ed Hagar dalla “tenda” di Abramo, e facendo partire da questo il loro odio verso gli ebrei.
A nulla vale il fatto che i due fratellastri appaiono riconciliarsi mentre seppelliscono il loro comune padre Abramo e il fatto che, secondo la tradizione ebraica, alla morte di Sara, Abramo abbia riammesso Hagar nella sua famiglia.
Ismaele, invece, va per la sua strada, imparentandosi con tutti gli altri popoli che andavano dall’Egitto alla terra di Canaan; in particolare trovò una vera “patria” a Gaza,, patria dei filistei, discendenti da un’antica colonia fenicia.
La Toràh dice che da Ismaele nasce anche Amalèq, considerato dagli ebrei il male assoluto. Questa inimicizia ancestrale si rafforza prepotentemente con l’arrivo dell’Islam e con la cacciata degli ebrei da Medina avvenuta nel 624 d. Ch.
Le basi della nuova religione, a ben vedere, sono una estrema semplificazione delle norme ebraiche, mescolate con le regole elementari del Cristianesimo e con le usanze del tempo e dei luoghi dove nasce l’Islam.
Ma le regole in comune per i musulmani non sortiscono nessun effetto sul desiderio di lenire quella che loro considerano una grave offesa in merito al mancato rispetto della primogenitura di Ismaele.
L’unico testimone che può negare che le ripetute unioni di Ismaele abbiano influito sull’odio è il popolo ebraico, che come ogni testimone scomodo va eliminato.
I conflitti col Cristianesimo non si evidenziano subito dopo la morte di Gesù, ma affiorano nei primi secoli d. Ch. dopo il concilio di Nicea, nel 325 d. Ch. e si maturano e si rafforzano nel corso dei due millenni successivi.
All’anno zero, in Giudea e Samarìa (n.b. non si parla mai di Palestina), in particolare a Gerusalemme, esistevano una serie di sette ebraiche: i farisei, gli zeloti, gli esseni, i sadducei e i sacerdoti, ognuna delle quali aveva delle regole particolari, ma la medesima aspirazione alla venuta di un Messia.
I farisei vengono subito individuati come falsi e bugiardi, ma non è così, perché invece erano i più rigidi custodi della lettera della Toràh, che applicavano in modo totale (anche oggi, nel linguaggio moderno di uno che esegue tutte le norme pedissequamente si dice che “esegue alla lettera”).
Dall’esame stretto dei testi sacri i farisei ritenevano che non vi fosse nessuna possibilità di credere che Gesù fosse il Messìa ed ecco perché vennero considerati gli avversari da contrastare, cominciando proprio dalla diffamazione del loro operato.
Per esempio, Isaia diceva che questo Grande Maestro atteso doveva far vedere di fatto che il leone e l’agnello vivessero insieme mangiando erba e questo non si verifica ancora, così come non si verifica che le spade siano stati trasformati in aratri.
Le altre sette, come gli zeloti e gli esseni (dai quali ultimi venivano il Battista e poi Gesù), erano del tutto innocue per gli ebrei, ma non per i romani occupanti che infatti li perseguitavano fino a crocifiggerli.
Facevano eccezione i sadducei, casta dominante all’epoca della prima invasione romana e che, per la politica coloniale romana erano legati a Roma dalla concessione dello status di “civis romanus”, cui non veniva inflitta la crocifissione, ma il taglio della testa; S. Paolo era un sadduceo e non fu crocifisso per questo.
La lotta coi farisei, per la Chiesa è ancora in atto ed anche qui l’unico testimone scomodo che può negarlo è il popolo ebraico, verso il quale la Chiesa ha provato di tutto, a cominciare con l’inquisizione del domenicano Tomàs de Torquemada, nato nel 1420 e morto nel 1498.
Ci sono state poi le cacciate da vari stati cattolici (Spagna della regina Isabella, 1492 d. Ch.), vari pogrom, roghi nelle pubbliche piazze motivati dall’accusa di stregonerìa.
Mi soffermo su quest’ultima situazione: nella Toràh è scritto che devi uccidere la strega, in un passo dove si capisce benissimo che si sta parlando dell’idolatrìa che si deve estirpare da dentro di noi, quindi l’accusa di stregonerìa sarebbe inflitta dagli stessi ebrei a sé stessi, con un’aberrante interpretazione.
Ma da dove nasce…? Tra le norme che gli ebrei devono osservare per ricevere le Tavole della Legge c’è quella dell’igiene personale, che, come noto, è un rimedio preventivo della peste e del vaiolo ed altre malattie della pelle.
Nel medioevo gli unici che avevano delle norme certe su questo (faccio notare che era una delle cose positive imparate in Egitto) erano gli ebrei che non si ammalavano di vaiolo, perché curavano le bestie dei vari padroni. Siccome gli altri invece si ammalavano, gli ebrei venivano accusati di stregonerìa.
Come si vede, da queste poche ed elementari nozioni, l’ebreo è il fratello maggiore sia per la Cristianità che per l’Islamismo, testimone scomodo da eliminare in modo che le due fedi successive possano vivere e progredire senza fare i conti con la propria coscienza.
Marco Del Monte, ingegner