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IL RUOLO DELLE MAFIE NELLA CRISI DI GAZA

  • Opinioni

IL RUOLO DELLE MAFIE NELLA CRISI DI GAZA

Da un po’ di tempo, mi sveglio la mattina con in testa il titolo da dare al mio commento del giorno, che mi sta coinvolgendo con sempre maggiore impegno.

Stamattina il titolo che mi è venuto in mente era “il minimo comune denominatore” costituito dal popolo ebraico nei confronti del resto del mondo, ma poi ho acceso il telefono ed ho trovato una raccapricciante notizia riguardante i piccoli Bibas.

La notizia è apparsa sulla chat “Betzalel poetica”, inoltrata da “Daniele Coppin”, il che ha cambiato l’oggetto del mio intervento di oggi.

In sostanza, si tratta della storia di due clan che dice in breve che l’organizzazione estremista salafita è composta da due potenti clan della Striscia di Gaza meridionale, tra Khan Yunis e Rafah: le famiglie Abu Sharia e al-Husseina. Entrambe le famiglie hanno iniziato come organizzazioni criminali affiliate a Fatah e impegnate nel contrabbando verso l’Egitto e in operazioni contro Israele. Oggi, si sono stabilite sulle rovine dell’insediamento di Morag, che è stato evacuato come parte del piano di disimpegno.

Questi due clan si sono radicalizzati abbastanza di recente (data orientativa probabile 1973), il che vuol dire che prima abbracciavano un’altra fede e sono da considerare i discendenti dei Falashtìn (predoni) insediatisi a Gaza all’incirca nel diciannovesimo secolo a. Ch., costituendo addirittura il regno dei Filistei, il cui re Avimelech si scontrò con Abramo e poi con suo figlio Isacco.

Questi predoni per prima cosa rapivano le donne dei nemici, ricattandoli poi, per il loro rilascio: mi sembra che la tecnica non sia ancora cambiata!

Altra florida attività era (ed è tuttora) il contrabbando di qualsiasi cosa e segnatamente armi e droga, il che spiega come mai Gaza sia sempre stata indigesta per tutti gli imperi passati, per il regno di Israele poi, per gli ottomani, per gli inglesi e per l’Egitto.

Sembra il gioco del cerino che, in questo disgraziato momento, è in mano ad Israele.

Molte cose accomunano questi due clan alle cosche mafiose; noi non possiamo dimenticare il nostro Risorgimento che vide arrivare in Sicilia Garibaldi con mille uomini, ripartendo con un più consistente numero di combattenti, avendo evidentemente trattato con i clan locali.

Come si legge nell’articolo citato dalla “chat” queste due “cosche” hanno sterminato la famiglia Bibas, strangolando a mani nude sia i bimbi e sia la madre; poi, forse, li avrebbero sciolti nell’acido, fermati da Sinwar per il quale anche il corpo dei morti era (ed è) moneta di scambio.

Anche questa modalità ha un precedente in Italia ed è legato al pentito Santino Di Matteo che creò molti problemi al clan di Giovanni Brusca, padrino del mandamento di San Giuseppe Jato in Sicilia, il quale non esitò a rapirne il figlio di dodici anni (Giuseppe Di Matteo), strozzandolo con le sue mani e sciogliendolo nell’acido 779 giorni dopo averlo rapito (anni 80-90).

Queste storie parallele dimostrano che tutta l’impalcatura religiosa, nazionalistica, umanitaria sono prive di fondamento perché Hamas non agisce in base al criterio del terrorismo fatto stato, ma è qualcosa di peggiore: è la mafia fatta stato che governa e ricatta ogni entità che ha a che fare con Hamas stesso: le organizzazioni umanitarie, l’UNRWA, Medici senza Frontiere (e senza pudore), l’ONU, l’UNESCO, Save the children sono ricattate e condizionate in tutto e la dimostrazione l’abbiamo avuta con le squallide e perfide cerimonie-show della riconsegna degli ostaggi.

Il prezzo pagato da Israele è un prezzo allucinante in carne umana: cento detenuti per il corpo di un morto, in perfetto stile mafioso.

Questa cultura è comune ai terroristi afgani e iraqeni; non possiamo dimenticare, infatti, che la stessa Russia invase l’Afganistan non per motivi politici o di conquista di terra o di risorse rare, ma per stroncare il traffico di droga che si svolgeva (e si svolge) in Afganistan.

A questo punto Israele si trova a combattere una guerra che ha fatto paura a D. stesso, quando vietò a Mosè di avvicinarsi alla terra dei Filistei (Gaza).

La cosa strana, che cito da sempre, è che la Palestina storicamente è soltanto Gaza, patria dei Falashtìn, mentre ad Adriano venne la stravagante idea di affibbiare questo nome alla Giudea e a Samarìa unite, togliendolo materialmente a Gaza, alla quale fu lasciato il nome biblico (vedi profeta Amos, ottavo secolo a. Ch.).

Chissà se questo imperatore così duro nelle battaglie ha mai pensato al disastro che avrebbe combinato l’ONU usando proprio la cartina geografica di Adriano per assegnare le terre (ricordiamo con compasso, righello e un pennarello verde) per la scombinata teoria dei “due popoli, due stati”.