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Israele suscita odio. E tanta censura

Pubblicato in MOKED Pagine Ebraiche Opinioni a confronto il ‍‍29/10/2024 – 27 תשרי 5785
«Durante un recente corso di endocrinologia presso una delle migliori scuole di medicina dell’Università della California, un professore si è interrotto a metà lezione per scusarsi per qualcosa che aveva detto all’inizio della lezione. ‘Non voglio che tu pensi che sto in alcun modo cercando di insinuare qualcosa, e se potessi fare appello a un po’ di generosità per perdonarmi, lo apprezzerei davvero’, dice il medico in una registrazione fornita da uno studente nella classe (che chiamerò Lauren). ‘Ancora una volta, mi dispiace molto per questo. Non era certo mia intenzione offendere nessuno. La cosa peggiore che posso fare come essere umano è essere offensivo’. Il suo reato: usare il termine ‘donne incinte’. ‘Ho detto quando una donna è incinta, il che implica che solo le donne possono rimanere incinte e mi scuso sinceramente con tutti voi’». (Katie Herzog, The Free Press, 27 luglio 2021). La sinistra di sbagli ne ha commesso parecchi, ma queste scene da teatro dell’assurdo, ora patrimonio del movimento woke, le erano estranee.
Il movimento woke sembrerebbe aver ereditato e involgarito il marxismo, facendolo diventare una caricatura di sé stesso. Tant’è vero che dei termini e delle accuse talvolta demenziali, che stanno facendo diventare gli ebrei un popolo di appestati, sono stati presi di peso dalla peggior propaganda sovietica. Se si ha un poco di pazienza, si trova ancora sul web il libercolo Zionism counts on terror, di Sergei Sedov, edito dall’agenzia Novosti nel 1984, dove, a pag 25, ci spiega che il vero intento del sionismo era il genocidio, esattamente ciò che succede ora, malgrado la Convenzione sul genocidio enunci una fattispecie che non ha nulla a che fare con la guerra in corso. Prego notare che prima del 7 ottobre, e per decenni, vi è stata una vasta campagna di diffamazione nei riguardi dello Stato ebraico.
Parliamo però del giorno d’oggi: se Israele si è da sempre macchiata di gravi colpe, perché tappare la bocca a chi lo difende? Non basta enunciarne le colpe? Un grande editore, ad esempio, ha inondato il mercato di libri contro, ma non sembrerebbe che intenda pubblicare nessuno a favore. Altre case editrici di sinistra, pubblicano in ambito ebraico soltanto libri di sinistra: tutto legittimo, ma forse un libro a favore di Israele sarebbe intrinsecamente reazionario? In un recente programma televisivo italiano, un prestigioso ospite ha ritenuto di potersi esprimere nei riguardi delle Comunità ebraiche con lo stesso “calore” col quale si era riferito a Israele. Cosa volesse dire l’ospite, che accennava ai rapporti coi palestinesi, non lo so, e forse nemmeno lui ne era consapevole, accecato come era dalla rabbia. So però che il conduttore, nel nostro scambio di posta elettronica, non sembrava entusiasta circa la possibilità di concedere una rettifica, visto che parlando delle Comunità ebraiche toccava anche me quale iscritto. Come qualificare lo stato di salute della nostra democrazia? Se dovessimo far capo allo sciocchezzaio imperante, ci sarebbe da preoccuparsi. Ad esempio, ho parlato or ora con un famoso storico, autore di testi scolastici (gli ordinari sono soliti firmarli) per il quale tutto l’odio dell’Occidente verso Israele risale alla sola responsabilità di Netanyahu; malgrado il fatto che sul ruolo del singolo nella storia vi sia una letteratura sconfinata, questa gloria italiana con la quale conferivo, concludeva le sue dotte disquisizioni con un discorso da bar.
A fronte di tanta ostilità, che obnubila delle menti teoricamente privilegiate (ma sorge qualche dubbio) ribadiamo: se Israele ha tutto questo torto, perché le porte dei media sono troppo spesso precluse a chi lo difende, quando sarebbe facile controbattere? Di recente, uno dei migliori giornalisti italiani ha commentato su un quotidiano la presentazione in tv del libro di P.G. Battista La nuova caccia all’ebreo (Liberilibri, 2024) con un tono che era una via di mezzo fra prudenza e paura. Avrà avuto le sue buone ragioni.