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SI FA PRESTO A GIUDICARE

NES Noi Ebrei Socialisti

אנחנו יהודים סוציאליסטים

 

SI FA PRESTO A GIUDICARE

Le conseguenze del pregiudizio antiebraico

 

Da quando Israele ha deciso di reagire manu militari al proditorio pogrom attuato da Hamas il 7 ottobre, all’alba di Shabbat e della festa di Sheminì Atzeret, che ha comportato l’efferata uccisione sul posto di 1200 persone e il rapimento di circa 250 ostaggi, è cominciata una violentissima campagna stampa, e non solo; insieme alle critiche, forse in parte condivisibili, alla reazione, che comunque resta un legittimo atto di difesa di uno Stato nei confronti di un’entità terroristica votata alla distruzione di quello stesso Stato, si è ben presto rivelato un bieco e atavico antisemitismo tout court.

E così, nel giro di poche settimane abbiamo assistito increduli ad ogni possibile forma di protesta contro gli ebrei, anche violenta e aggressiva, richiesta di boicottaggio, interruzione di ogni rapporto di ricerca e collaborazione, dichiarazioni di rettori universitari e prelati di lungo corso, giornalisti, scrittori e opinionisti di gran moda, tutti all’insegna della riprovazione dello Stato d’Israele e delle sue operazioni; associazioni di “professionisti”, nel ruolo di maître à penser e di giudici, si sono spinti fino a contestare e sconfessare la legittimità stessa dell’esistenza dello Stato di Israele.

Ma la più subdola, trasformista e vigliacca, di queste posizioni, dirette e gridate con voci di rabbia e di scherno, è quella di coloro che, pur nella diversità delle opinioni politiche, religiose e della provenienza sociale, si dichiarano illuminati arbitri e giudici di colpe, reati e peccati (persino!) e implacabili distributori di castighi e pene.

Questi moderni soloni del diritto internazionale, pontefici di giustizia affacciati alla finestra davanti a folle adoranti, detentori del sapere universale e unici interpreti accreditati della Verità, stravaccati in comodi divani di salotto o abbarbicati sulle poltrone di infoshow televisivi, emettono implacabili sentenze, in cui si dipana tutto il loro feroce e occhiuto manicheismo. Da un lato gli ebrei tutti, della diaspora o israeliani, prima compratori fraudolenti con l’oro dei sionisti americani ed europei, poi conquistatori sul campo armati dal Pentagono e protetti dal MI6, portatori di distruzione, violenza incontrollata, fino all’ultima infamante accusa di genocidio; dall’altro i palestinesi tutti, poveri, disperati, i paria del mondo intero, affamati, assetati, trucidati e bombardati dal “Golia occidentale”, quale sanguinario carnefice.

Tutti costoro sono accomunati da uno sguardo internazionale miope, che impedisce di prendere in considerazione la complessità in gioco, con le responsabilità degli stati canaglia che in massima parte di queste tensioni regionali reggono e dirigono le fila.

Solo brevi accenni, quasi obtorto collo, alla Repubblica Islamica dell’Iran e alla sua “gloriosa rivoluzione” del 79 (tanto caldeggiata e osannata dalla gauche caviar francese e dai suoi intellettuali “lungimiranti”). Nessun riferimento al Qatar, ai suoi interessi e alla sua capacità di inserirsi nel cuore stesso della libertà democratica occidentale tramite finanziamenti, acquisizioni, controllo dei capitali; o all’Egitto che si dimostra doppiogiochista anche con il corridoio Philadelphi, da sempre utilizzato come percorso di armi e camion in favore di Hamas. Un silenzio tombale su Russia e Cina, quest’ultima ormai padrona delle risorse minerarie del continente africano e “controllora” di gran parte dei suoi porti e delle strutture di trasporto interno.

Si fa presto a giudicare, ma nessuno stato del pianeta è circondato da tante frontiere nemiche e deve lottare per la sua sopravvivenza. Non una parola sulla posizione dell’ONU che permette ancora si parli, senza limiti, di profughi palestinesi. O perché Hamas non abbia creato questo stato palestinese a Gaza, che governa già dal 2005.  Proprio Hamas, che pure vede la sua gente allo stremo, come scrivono i giornali e come ripete a non finire la TV, continua a utilizzare i palestinesi come scudo, mentre il suo vile capo Sinwar per sfuggire alla cattura si circonderebbe di ostaggi. Ieri, sei di loro sono stati brutalmente assassinati nel momento in cui avrebbero potuto essere liberati.

Nessuna analisi e distinzione tra i variegati gruppi terroristici, spesso acerrimi nemici pure tra loro, che si annidano in loco e lì fanno germogliare la loro venefica pianta di odio e morte: “Free Palestine dal fiume al mare” che non è che un altro modo di declinare “Israele deve essere distrutta”!

 

Voi che gridate “Freedom”, sappiate che non ci sarà pace per i palestinesi senza la sconfitta di Hamas.

La vittoria di Israele sarà la liberazione di tutti e la pace che nascerà dalla Trattativa porterà libertà e giustizia.

 

Valentina Sereni e Maria Caronia

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