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IL DIRITTO ALLA GENITORIALITÀ DEL DETENUTO. IL CASO DI YIGAL AMIR. 6. La nascita

IL DIRITTO ALLA GENITORIALITÀ DEL DETENUTO.

IL CASO DI YIGAL AMIR

6.- La nascita.

 

Amir, sottoposto a un lungo periodo di detenzione in condizioni più restrittive di quelle consuete (ma comunque meno rigide di quelle previste in Italia dal ricordato art. 41bis), si appellò al Tribunale competente di Petha Tikva, lamentando la modalità del suo trattamento carcerario, chiedendo, fra l’altro, di poter avere il permesso di pregare in compagnia (collegando la richiesta al principio della libertà di culto). Tali richieste furono in parte esaudite, e, nel 2012, lo stato di relativo isolamento fu revocato. Ma le rimostranze continuarono, e il detenuto iniziò anche uno sciopero della fame.

In carcere aveva cominciato a ricevere le visite di un’ebrea ortodossa, immigrata dalla Russia, Larisa Trembovler, che si recò da lui insieme al marito Benjamin – dal quale aveva avuto quattro figli -, esprimendogli vicinanza ideologica. La donna iniziò un rapporto di corrispondenza epistolare e telefonica, che sfociò in un legame sentimentale. Nel 2003 la donna divorziò dal marito, e annunciò il proprio fidanzamento con Amir.

La coppia avanzò richiesta di potersi unire in matrimonio, che fu rigettata dal Servizio penitenziario nazionale. Il rifiuto fu impugnato innanzi al Tribunale distrettuale di Tel Aviv. Gli Avvocati difensori di Amir, nel sostenere la richiesta, richiamarono svariati precedenti di matrimoni celebrati in carcere, anche di detenuti assoggettati a pesanti condanne.

Nell’agosto del 2004 ai due fu permesso di effettuare un matrimonio per procura, che fu poi convalidato da un tribunale rabbinico. Acquisito tale status, i coniugi avanzarono richiesta di poter concepire un figlio tramite inseminazione artificiale omologa (ammessa tanto dalla legge statale israeliana quanto dalla giurisprudenza rabbinica).

Diversi parlamentari chiesero che tale trattamento non fosse permesso, tanto da indurre Amir a un nuovo sciopero della fame. L’opinione pubblica israeliana seguì la vicenda con grande lacerazione interna, dividendosi tra favorevoli e contrari (la maggioranza) all’accoglimento della richiesta, sulla base di molteplici motivazioni, nelle quali andavano a intrecciarsi e sovrapporsi svariate considerazioni giuridiche, etiche e politiche.

La richiesta, tra molte polemiche, fu alla fine accolta, nel marzo del 2006, dal Servizio penitenziario nazionale. L’inseminazione fu praticata con successo, e il 28 ottobre 2007 venne alla luce un figlio, a cui fu dato nome Yinon Eliya Shalom.   

(continua)

Francesco Lucrezi, storico