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Sergio Romano fra federazioni e confederazioni

  • Opinioni

Sergio Romano, Corriere della Sera del 12 febbraio 2023: “Dopo aver avuto in altri tempi ambizioni imperiali ed essere stata anche un nido di nazionalismi prepotenti e aggressivi, l’Europa dovrebbe essere ormai una confederazione di Stati politicamente saggi e maturi, una grande potenza economica e sociale, una “grande Svizzera”  composta da amici e reciproci clienti”.

Sennonché, delle confederazioni si è detto che “a differenza di quanto accade per le federazioni in cui vi è una chiara ripartizione dei poteri tra Stati membri e governo federale, è dotata di organi centrali comuni che convivono con una sostanziale indipendenza degli Stati membri, sicché tali organi più che controllare il sistema ne rispecchiano invece le tensioni e le contraddizioni. In tal modo le spinte centrifughe e quelle centripete, alla ricerca di un sempre fragile e provvisorio equilibrio, determinano storicamente l’instabilità tipica di tali entità politiche” (..) Ogni confederazione, dunque, si qualifica inevitabilmente come un sistema altamente instabile che tende a dissolversi o a consolidarsi trasformandosi più o meno velocemente in una federazione dove le spinte centripete sono maggiori di quelle centrifughe, come è accaduto agli Stati Uniti d’America dopo la guerra di secessione (1861-1865) che ha permesso al sistema politico di virare verso un assetto decisamente federale. Oppure la confederazione si dissolve in uno Stato-nazione sotto l’egida di uno o più dei suoi membri come è accaduto nel caso dell’unificazione tedesca (1871) condizionata dall’egemonia prussiana” (Claudio Bonvecchio, Paolo Bellini, Introduzione alla Filosofia e Teoria Politica, Milano, 2017, p. 176 ss.). Non è un caso che in dottrina si sostenga che non esistono più le confederazioni, e non è una novità, visto che già nel 1968 si asseriva che “Confederalism is no longer in the syllabus of political science” (Opeyemi Ola, Confederal Systems : A Comparative Analysis, Civilisations, vol. 18, no. 2, 1968, p. 270). Di recente, inoltre, si asserisce che «Confédération: au sens juridique, mode d’association entre des États indépendants et souverains, ayant conclu entre eux un traité international par lequel ils se lient afin de gérer en commun certains de leurs intérêts. Cette notion n’est plus utilisée par le droit international public; elle a été remplacée par celle d’organisation internationale» (Étienne Arcq,Vincent de Coorebyter, Cédric Istasse, Fédéralisme et confédéralisme, Dossiers du CRISP 2012/1 (n°79).

Ne consegue che il buon Romano dovrebbe sapere che la Svizzera si ‘chiama’ confederazione,’ ma è una federazione.    Sull’UE si è scritto che “È assiomatico considerare che l’interferenza dell’Unione sulla potestà di governo statale, tradizionalmente concepita in termini di supremazia e di esclusività, sia dovuta all’attribuzione di competenze a un sistema giuridico sovranazionale L’Unione possiede un composito e multiforme sistema istituzionale, corredato di competenze (classificate in esclusive, concorrenti e complementari) e procedure somiglianti all’articolazione di un ordinamento statale piuttosto che all’essenzialità strutturale propria di un’organizzazione con contestuale rinuncia alle stesse da parte degli Stati . La devoluzione di poteri statali all’Unione rappresenta, in effetti, il prius della perdita di quote di sovranità. Tuttavia, per comprendere l’essenza dei fenomeni erosivi, occorre considerare  anche e soprattutto i meccanismi decisionali, perché l’erosione deriva, in via immediata e tangibile, dall’esercizio quotidiano delle competenze, piuttosto che dal riparto tra materie devolute all’Unione e quelle restanti nelle mani degli Stati” (Roberto Baratta, Il sistema istituzionale dell’Unione europea, Wolters Kluwer, 2022, p. 9).  Per fortuna né la Svizzera né l’Unione europea sono delle confederazioni; senza voler continuare qui il discorso sulla natura giuridica dell’Unione europea, sarebbe forse utile che nell’innestare un discorso, se ne chiarisse l’oggetto. Non  è una questione priva di rilievo, perché la partecipazione all’Unione Europea e la cittadinanza europea prevista dall’ordinamento dell’UE costituiscono una garanzia di libertà e democrazia per tutti, e segnatamente per le minoranze etniche, religiose e di ogni natura che ne fanno parte.

Emanuele Calò (c) riproduzione riservata